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I fibromi uterini, detti anche leiomiomi, o miomi, sono tumori benigni che originano dal miometrio (la parete muscolare dell’utero). Questo tipo di patologia colpisce il 20-40% delle donne in età fertile, fino a raggiungere il 70 % intorno ai 50 anni. Pur non avendo significativa mortalità, presenta un’elevata morbilità, infatti il 25 % delle donne colpite mostra significativi sintomi clinici come mestruazioni dolorose, eccessive ed irregolari, con conseguente anemia, dolori e fastidi addominali, infertilità ed aborti ricorrenti, determinando notevole stress, disagio, malessere fino ad impedire le normali attività lavorative. Le cure attualmente sono soprattutto chirurgiche, totali (isterectomia) o parziali (mioectomia), oppure trattamenti ormonali. Nonostante il pesante effetto della malattia sulla salute e il benessere femminile, i trattamenti medici per il leiomioma sono ancora molto limitati e non è stata ancora sviluppata alcuna terapia preventiva. E ciò è dovuto anche al fatto che ancora non ne è nota l’esatta ezio-patogenesi. Nei primi studi, da me condotti una decina di anni fa presso il Salk Institute in California, ho esplorato il ruolo fisiologico di 2 fattori di crescita (miostatina e activina A) nelle cellule miometriali. Successivamente, rientrata in Italia, ho quindi incentrato i miei studi sui fibromi uterini dimostrando che entrambe le suddette proteine hanno un effetto citostatico (riduzione delle proliferazione cellulare) sulle cellule sane, ma che tale effetto viene meno sulle cellule provenienti dai leiomiomi. Inoltre, ho osservato l’accumulo di cellule infiammatorie nei tessuti fibrotici, nonché la presenza dei miofibroblasti, ossia di cellule che producono proteine della matrice extracellulare (ECM) in risposta alle reazioni infiammatorie. E’ risaputo che il leiomioma uterino consiste in più del 50% di proteine della ECM come collagene, fibronectina e versican. Le ricerche da me coordinate hanno individuato l’activina A come una molecole chiave per la regolazione della deposizione della ECM e probabilmente per la crescita dei leiomiomi. Tale studio è importante perché ha permesso di individuare una molecola bersaglio e ciò favorisce la scoperta di potenziali sostanze terapeutiche. Il mio continuo e assiduo impegno nella ricerca scientifica è incentrato nella comprensione dei meccanismi patogenetici di questa complessa patologia e al contempo di testare il potenziale effetto terapeutico anche di prodotti naturali. Ovviamente i nutraceutici sarebbero un’aggiunta molto gradita alle terapie mediche attuali e, considerata l’assenza di effetti collaterali, avrebbero un notevole impatto favorevole sulla salute e sul benessere delle donne anche nell’uso a lungo termine e potrebbero anche essere usati a scopo preventivo. Ulteriori ricerche in questo ambito, tra l’altro poco considerato dai grandi finanziamenti, potrebbero contribuire ad offrire alla popolazione femminile un futuro migliore e più sereno.