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Psicologa, mi occupo di ricerca nell’ambito della neuropsicologia e psicopatologia Evolutiva. La ricerca scientifica, a mio avviso, è un valore irrinunciabile che necessariamente deve sommarsi alle attività che impegnano un professionista nel suo ambito lavorativo. La ricerca permette di usufruire di conoscenze e competenze che devono fungere da guida al lavoro, al fine di proporre interventi di documentata efficacia clinica. Essa mira a garantire conoscenze scientificamente provate e a dare opportunità cliniche valide ai pazienti affetti da una determinata psicopatologia. L’importanza della ricerca implica il sostegno, la promozione di idee e progetti in cui moltissime persone, come me, credono, dedicano tempo, grande sacrificio e dedizione per il lavoro. È di fondamentale importanza, dunque, incentivare e rinforzare la caparbietà e la dedizione di chi crede e prosegue in questa direzione, malgrado tutte le difficoltà che attualmente dominano il panorama lavorativo e di impiego. L’obiettivo del progetto è quello di fornire dati scientifici sull’efficacia di una nuova tecnica di psicoterapia presente negli studi internazionali e ancora poco conosciuta e applicata in Italia: la Mindfulness o pratica della consapevolezza (Mindfulness Based Interventions MBIs). Nella letteratura degli ultimi venti anni, la Mindfulness è divenuta il focus dell’attenzione di una larga parte della comunità scientifica. Tale tecnica affonda le sue radici nella pratica meditativa della filosofia orientale, ed è basata sulla capacità di accettazione dell’esperienza, di autosservazione non giudicante e di comprensione del reciproco rapporto tra mente e corpo. Tale tecnica non è invasiva ed è ecologica poiché, una volta appresa attraverso incontri strutturati, può essere facilmente replicata nei vari contesti di vita. L’insieme degli studi presenti in letteratura segnala la Mindfulness come una pratica terapeutica, innovativa e promettente (Fabbro e Muratori, 2012). La sua efficacia è già stata dimostrata sia in età adulta, per quanto riguarda condizioni cliniche di natura organica e psicologica, che in età evolutiva, in bambini senza problemi di sviluppo. E’ stato evidenziato come tale tecnica apporti dei miglioramenti nell’attenzione, nell’autoregolazione, nel controllo motorio ma anche miglioramenti nell’ansia, nella depressione, nella qualità del sonno, nell’autostima, nell’incremento delle emozioni positive e delle competenze sociali e scolastiche. Alcuni studi che si sono diretti in tal senso (Van der Oord et al, 2012) hanno evidenziato dei miglioramenti a carico del sistema attentivo, in particolare rispetto ai meccanismi di autoregolazione e di controllo motorio, caratteristici proprio di quadri clinici come il Disturbo da Deficit d’Attenzione e Iperattività. Pertanto, tale tecnica, produrrebbe dei benefici nel trattamento dei disturbi in cui la compromissione della componente attentiva ricopre un ruolo preponderante come nel caso del Disturbo da Deficit d’Attenzione e Iperattività (ADHD). L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo ed è caratterizzato da gravi difficoltà di attenzione, di concentrazione, di impulsività e di iperattività, inadeguati rispetto all’età. A livello mondiale si stima che ne sia colpita circa il 3% della popolazione, di età compresa fra i 4 i 17 anni, con una prevalenza nettamente superiore del sesso maschile rispetto a quello femminile (M : F = 3 : 1). Le criticità, dovute alle difficoltà del bambino di regolare il proprio comportamento, sono soprattutto riscontrabili nella scarsa cura per i dettagli, nella facile distraibilità e nella fatica a portare a termine compiti/giochi intrapresi o obiettivi da raggiungere. Sono inoltre evidenziabili difficoltà organizzative e di autocontrollo, incapacità a procrastinare nel tempo la risposta ad uno stimolo interno o alle richieste dell’ambiente, perdita di oggetti di uso quotidiano, irrequietezza motoria, difficoltà nell’aspettare il proprio turno. A questi sintomi, spesso, si accompagnano sensazioni interne e soggettive di tensione, pressione e instabilità, che devono essere scaricate. È necessario precisare che tale sintomatologia non è causata da un deficit cognitivo e non è neppure il risultato di una scorretta disciplina educativa, ma è dovuto a difficoltà oggettive di autocontrollo e di pianificazione, presenti in tutte le situazioni di vita del bambino e che causano un’evidente compromissione delle attività quotidiane nei vari contesti di vita familiare, sociale e scolastico. Tali difficoltà sono spesso la causa dell’insuccesso scolastico, di un minor utilizzo delle proprie abilità cognitive, di problematiche di tipo affettivo e nel rapporto con i pari. Per il disturbo da Deficit d’Attenzione e Iperattività si è soliti indicare un trattamento multimodale che unisce vari interventi indirizzati alle diverse aree compromesse. Ad oggi, ci sono due trattamenti di cui si è dimostrata l’efficacia per bambini con ADHD: quello farmacologico e quello cognitivo-comportamentale. Lo scopo è quello di individuare nuovi strumenti non medicalizzanti, ecologici, che risultino di facile utilizzo per i bambini e quindi replicabili, motivo per cui le recenti ricerche nel panorama internazionale si sono mosse ad indagare gli effetti della pratica Mindfulness in età evolutiva sull’ADHD. L’obiettivo generale del progetto è quello di fornire dati scientifici sull’efficacia di questa nuova tecnica di psicoterapia presente nella letteratura internazionale e ancora poco conosciuta in Italia attraverso l’applicazione di un training (Mindfulness Based Interventions MBIs), della durata di due mesi, a bambini di età compresa tra i 7 e 11 anni con diagnosi di Disturbo da Deficit d’Attenzione e Iperattività posti in una condizione sperimentale (Training Mindfulness) e di controllo (training sulle emozioni) al fine di validarne l’efficacia clinica.